Ti presento il «Martirio dei sette fratelli Maccabei», opera del 1860 ca. di Antonio Ciseri e conservata nella chiesa di Santa Felicita a Firenze.
Sette è il numero dei fratelli violentemente uccisi dal re Antioco IV; sette ancora sono i fratelli che una vedova sposa, nel racconto provocatorio narrato a Gesù dai Sadducei; sette è un numero ricorrente nella Bibbia e si riferisce a Dio e alla perfezione.
L’avvenimento oggetto dell’opera è narrato nel libro dei Maccabei ed è ambientato durante il regno di Antioco IV Epifane, il quale vuole smantellare il culto ebraico: era convinto che avrebbe potuto conquistare più facilmente il popolo ebraico se quest’ultimo fosse stato privato della propria fede.
Tale politica suscita la rivolta della famiglia dei Maccabei, che si ribellano al re e resistono fino a liberare Gerusalemme. Le forze di Antioco IV si accaniscono contro i fedeli ancora saldi nella fede verso il Dio d’Israele: l’autore biblico racconta del processo pubblico intentato contro una famiglia di sette fratelli e la loro madre, colpevoli di essersi rifiutati di mangiare cibo impuro secondo la legge ebraica. Di fronte alla minaccia di una morte atroce, i giovani – ancora con tutta la vita
davanti – rimangono fedeli al Dio di Israele. Erano perfettamente consapevoli di una certezza:
accanto alla vita terrena come dono di Dio c’è la vita piena che Egli offrirà nella risurrezione: «La sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito della vita». Questo brano è peraltro uno dei primi riferimenti veterotestamentari sulla resurrezione dei morti.
Sullo sfondo della tela emergono due particolari: il re seleucide, Antioco IV, si atteggia in maniera arrogante e dall’alto del suo trono ordina l’esecuzione dei fratelli fedeli alla legge di Dio; il Santuario di Gerusalemme, simbolo della fedeltà all’alleanza con Dio, ha l’aspetto di un tempio greco in riferimento alla cultura ellenistica che il re Antioco voleva imporre al popolo di Israele, tanto che si vede anche l’altare delle offerte con il fuoco che serviva per offrire doni alle divinità pagane.
I corpi dei sette giovani fratelli giacciono inermi per terra, privi di identità individuale: si inseriscono così nella serie dei giusti della storia uccisi violentemente, da Abele fino ai martiri cristiani. Al centro si erge la madre dei ragazzi, unico cuore pulsante di tutta la scena; ai suoi piedi si riconosce il corpo nudo del figlio minore, l’ultimo ad essere ucciso. Il coraggio della donna con il cuore spezzato da un dolore indicibile deriva dalla salda fiducia in Dio e dalla speranza che un giorno potrà riabbracciare i suoi figli che le sono stati tolti in modo violento.
Come dicevamo, alcuni della setta dei Sadducei si inventano un racconto su uno schema settenario, ispirandosi alla saga maccabbaica, proprio per denigrare la resurrezione in cui non credevano: quando un uomo moriva senza aver avuto figli, la legge del levirato obbligava il fratello minore a sposare la vedova per garantire una prole che portasse il nome del defunto. Questo era l’unico modo conosciuto da Israele per poter pensare ad una vita che continuasse nonostante la morte. Gesù non cade nel tranello e risponde che la Vita Eterna non è garantita da leggi naturali ma unicamente dalla potenza di Dio. Sarà una vita piena connotata da un salto di qualità, i risorti saranno «uguali agli angeli e figli della resurrezione» e persino la corporeità, liberata ormai dai vincoli di spazio e tempo, vivrà una dimensione totalmente diversa di beatitudine. L’uomo vedrà «Dio faccia a faccia» in comunione piena con quanti gli sono cari e la relazionalità nutrita dall’Amore Puro riuscirà a sgretolare qualsiasi barriera di estraneità.
Concludo con alcune parole che traggo da una preghiera di don Tonino Bello: «Santa Maria, vergine della notte, noi t’imploriamo di starci vicino quando incombe il dolore e irrompe la prova, e sibila il vento della disperazione, e sovrastano sulla nostra esistenza il cielo nero degli affanni, o il freddo delle delusioni o l’ala severa della morte. Liberaci dai brividi delle tenebre. Nell’ora del nostro Calvario, stendi il tuo manto su di noi, sicché fasciati dal tuo respiro, ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà».
Grazie per la tua attenzione.
ANTONIO CISERI – MARTIRIO DEI SETTE FRATELLI MACCABEI
